Asylum Seekers From Sudan Sent Back to Italy

Corriere del Ticino – 18.01.2006

Sudanesi riportati in Italia con la forza

I 62 esuli prelevati ieri all’alba dal Centro per richiedenti l’asilo di Chiasso

L’operazione è scattata alle 5 del mattino ed è durata 3 ore: nessun ferito, solo qualche escoriazione

Respingimento coatto in Italia. Si è conclusa così, ieri all’alba, la vicenda dei 62 cittadini sudanesi o sedicenti tali residenti a Milano entrati illegalmente in Ticino nella notte tra il 10 e l’11 gennaio scorsi con l’intenzione di raggiungere Ginevra per segnalare all’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati l’assenza, a loro dire, di alloggi dignitosi a Milano. Erano stati sgomberati, con altre due centinaia di africani, da una palazzina occupata abusivamente in via Lecco: il Comune aveva offerto loro un altro tipo di alloggio. A un certo punto era però girata voce che un assessore avrebbe minacciato di rimpatriarli. Erano quindi partiti alla volta della Svizzera.

In Ticino, dopo una settimana di trattative che non hanno consentito di risolvere la situazione con un accordo, un centinaio di uomini tra guardie di confine e agenti delle polizie cantonale e comunali hanno dunque riaccompagnato con la forza i sudanesi alla frontiera, dove sono stati presi in consegna dalle autorità della vicina Repubblica.

Erano ospiti da qualche giorno del Centro di registrazione per richiedenti l’asilo di via Motta a Chiasso, dov’erano stati trasferiti dopo essere stati rifocillati e accuditi per un paio di giorni al rifugio della Protezione civile a Castel San Pietro.

Nella cittadina sono intervenute, verso le 5 del mattino, le forze dell’ordine ticinesi che hanno visto gli esuli opporre resistenza al rientro in Italia. Si è perciò dovuto provvedere a immobilizzarli e ad ammanettarli per poterli fare salire in tutta sicurezza a bordo di sei autobus che li hanno tradotti oltre frontiera.

L’operazione ha richiesto circa tre ore di tempo e si è conclusa, come negli auspici, sostanzialmente senza conseguenze serie (si parla solo di qualche contusione) per l’integrità fisica degli agenti e delle persone allontanate dalla Svizzera.

I «sudanesi» sono stati infine accompagnati alla Questura di Milano, dove la polizia ha proceduto a identificarli di nuovo. Al gruppo è stato quindi proposto di essere ospitato gratis nel dormitorio di via Ortles, normalmente a pagamento, che era già stato offerto loro da Comune. Ancora in serata pare si rifiutassero di rimanervi minacciando di dormire all’addiaccio.

Francesco Somaini

NESSUN IMPREVISTO Sopra, nella foto di Fiorenzo Maffi, guardie di confine e poliziotti accompagnano uno di profughi fuori dal Centro di registrazione. Sotto, nella foto di Nicola Demaldi, un altro sudanese già accomodato su uno dei sei autobus utilizzati per tradurli in Italia.

 

CRONISTORIA
Epilogo di una settimana «calda» all’inizio di un rigido inverno

  • Notte fra il 10 e l’11 gennaio: 62 sedicenti cittadini sudanesi vengono intercettati in Ticino dopo essere entrati illegalmente in Svizzera. Sono sprovvisti di documenti del Paese africano ma dispongono di regolare permesso di soggiorno per motivi umanitari in Italia. Dicono di essere diretti a Ginevra allo scopo di conferire con l’Alto commissariato per i rifugiati dell’Organizzazione delle Nazioni unite (UNHCR) per protestare contro, a loro dire, insostenibili condizioni di vita a Milano.
  • 11 gennaio, mercoledì: lo stato di salute di numerosi componenti il gruppo di profughi induce Bellinzona e Corpo Guardie di confine ad autorizzare il collocamento temporaneo nel rifugio della Protezione civile di Castel San Pietro. Alcuni sono stremati da uno sciopero della fame iniziato alcuni giorni prima e dalle temperature rigide a cui sono stati esposti durante l’ultima fase del viaggio.
  • 12 gennaio, giovedì: il direttore del Dipartimento delle istituzioni Luigi Pedrazzini, il comandante del IV Corpo delle Guardie di confine Fiorenzo Rossinelli e il maggiore Flavio Varini della polizia cantonale incontrano i sudanesi che si convincono ad abbandonare lo sciopero della fame.
  • 13 gennaio, venerdì: il capo del Servizio di collegamento dell’Alto commissariato dell’ONU per i rifugiati Hans Lunshof conferisce col gruppo di sudanesi nell’intento di convincerli a rientrare in Italia. Malgrado questo interessamento, i sudanesi ribadiscono l’intenzione di non rientrare nella Penisola, preferendo al limite il rimpatrio in Sudan. Ciò non è però possibile essendo sprovvisti di documenti validi. In serata vengono trasferiti nel Centro di registrazione per richiedenti l’asilo di Chiasso. Sono autorizzati a prorogare di qualche giorno la permanenza in Ticino.
  • 16 gennaio, lunedì: il funzionario dell’UNHCR Lunshof, vista la posizione ribadita dai sudanesi, informa che non tornerà in Ticino. Le autorità italiane confermano la disponibilità a riaccogliere il gruppo.
  • 17 gennaio, martedì: all’alba, i 62 sudanesi vengono prelevati da Chiasso, riaccompagnati alla frontiera e di là alla Questura di Milano.

 

GOVERNO CANTONALE E GUARDIE DI CONFINE
«Dispositivo di controllo efficace Occorre agire preventivamente»

Nuove emergenze come quella dei 62 cittadini sudanesi entrati illegalmente in Svizzera una settimana fa non sono da escludere. Si tratta di «un evento senza precedenti specifici ma con possibilità di ripetizione nel futuro» osserva il direttore del Dipartimento delle istituzioni Luigi Pedrazzini il quale, nonostante gli altri importanti impegni di ieri (vedi pagine di Cantone), era in ufficio già alle 5 del mattino, in costante contatto con le forze dell’ordine in azione a Chiasso e pronto, in caso di necessità, a raggiungere la cittadina. Bellinzona intende stendere un rapporto su quanto accaduto in questi giorni per studiare strategie d’intervento utili in futuro insieme con Berna, autorità italiane e Alto commissariato dell’ONU per i rifugiati. «Occorre pensare in ottica di prevenzione» sottolinea Pedrazzini: «Conoscere situazioni di questo tipo prima che si verifichino. Per farlo, bisogna agire in accordo anche con l’Italia; in questo senso, certi canali possono essere attivati meglio attraverso Berna». E, anche se «abbiamo gestito bene» l’emergenza di questi giorni, «c’è sempre spazio per migliorare». D’altro canto non si prevede di potenziare l’attività di controllo dei confini meridionali del Paese. «Quanto accaduto – osserva Pedrazzini – dimostra che i controlli sono efficaci: i sudanesi sono stati intercettati immediatamente».

«Il dispositivo di controllo delle frontiere è permanente» gli fa eco il comandante del IV Corpo Guardie di confine Fiorenzo Rossinelli. Il quale fa notare che il soggiorno prolungato dei profughi giunti da Milano è stato determinato da più fattori. L’accordo di riammissione tra Italia e Svizzera in vigore dal 1998 prevede che chi è trovato in flagranza di entrata clandestina può essere respinto nel Paese vicino entro 48 ore. Rossinelli sottolinea comunque che la «riconsegna» dei clandestini «non può essere effettuata seduta stante: occorre prima identificarli e verificare che non siano ricercati in Svizzera o altrove; un lavoro che viene svolto in modo metodico e che richiede mediamente mezzora di tempo per persona controllata».