DNA Testing: Two Dads in 10 Not Biological Fathers

Corriere del Ticino – 16.11.2006

Paternità, cento accertamenti all’anno

I test sul DNA eseguiti in laboratorio in Ticino: ottanta danno esito positivo

L’indagine genetica è richiesta sia da mamme sia da papà: in vista di separazioni, durante la gravidanza e negli anni immediatamente successivi al parto. Il numero di esami svolti costituisce una vistosa anomalia insubrica

«Mater semper certa, pater nunquam». L’adagio latino ricorda che i dubbi sulla paternità attanagliano l’essere umano probabilmente da sempre. In Ticino lo mettono alla prova ogni anno almeno cento persone. Tante infatti ricorrono all’esame delDNA «in loco». Un’ottantina vede conferma to che«papa è davvero papà», anche biologicamente. Una ventina, invece, scopre di avere un genitore genetico diverso da quello anagrafico.

Sicuro? Sicurissimo

Il test odierno offre una probabilità d’errore infinitesimale. Chi vi si sottopone va perciò sul sicuro, almeno per quanto riguarda il risultato. Come chi richiede l’accertamento della paternità al Laboratorio di diagnostica molecolare di Lugano, l’ unico autorizzato a eseguire questo tipo di indagine nel nostro Cantone.

Cento test all’anno

«In un anno effettuiamo circa cento accertamenti» conferma il dottor Tiziano Balmelli, direttore scientifico del Laboratorio. Dall’apertura, nel1998, si è assistito a un incremento delle richieste graduale ma costante: inizialmente erano una trentina all’anno. Riguardano soprattutto ticinesi. «Solo» il 20 per cento proviene dalla vicina Italia; pare, per la complessità della procedura e per i costi: «Noi – spiega Balmelli – calcoliamo circa1.500 franchi ad accertamento e diamo, a titolo precauzionale, un termine di due settimane per l’esito dell’esame».

Como e Varese: pochissimi

Nelle province di Como e Varese, i prezzi vanno indicativamente da 900 a 1.700 euro, a seconda della tecnologia a disposizione e dunque dei tempi necessari per eseguire il test. Il numero di accertamenti oltre confine configura, però, quella ticinese come una vistosa anomalia. Il Laboratorio di citogenetica dell’Aziendaospedaliera Sant’Anna di Como ne effettua 10-15 all’anno, spiega il responsabile dottor Riccardo Lingeri. Altrettanti il Laboratorio Toma di Busto Arsizio: «Non siamo in molti a fare questi test in Lombardia» premette il dottor Andrea Barlocco: «Abbiamo una cinquantina di richieste all’anno ma, vista la necessità, anche da noi, del consenso di entrambi i partner, solo 10-15 vengono evase». I cento accertamenti esperiti in Ticino sorprendono dunque gli specialisti italiani, che non ricordano istanze di cittadini svizzeri.

Mater semper certa

La casistica con cuisono confrontati gli istituti di ricerca dimostra la sempiterna attualità del detto latino. «La maternità è data sostanzialmente per certa» ribadisce Balmelli: «Solo inqualche caso siamo chiamati a verificare il patrimonio genetico di una madre con quello del figlio»; il laboratorio luganese ricorda per esempio una donna di origini africane residente nella Svizzera romanda che desiderava il ricongiungimento con il figlio.

Chiamiamola curiosità

A chiedere il controllo del DNA non sono però soprattutto i genitori di sesso maschile. L’origine delle domande è assai diversificata, così come le finalità, osserva Balmelli. Si va dalla «semplice» curiosità a casistiche che chiamano in causa possibili problemi «burocratici», passando però anche attraverso piccoli e grandi drammi famigliari. Non di rado il medico di famiglia, il pediatra o il ginecologo fanno da tramite fra chi richiede il test e chi lo esegue.

Spesso coppie in crisi

C’è la coppia che si separa in cui ilmarito vuole «tutelarsi» in vista del probabile versamento degli alimenti. C’è la necessità del riconoscimento formale della paternità all’interno di coppie non sposate, sollecitato in taluni casi da Delegazioni tutorie o da Preture. E c’è la neomamma o la donna in gravidanza che vuole «vederci chiaro» considerando passati rapporti extraconiugali. Nel 95 per cento dei casi sono dunque coinvolti minori: più spesso neonati o bambini in età prescolare. I casi di adulti che desiderano verificare il legame di sangue con i loro genitori sono rarissimi.

Francesco Somaini

PARLA L’ESPERTO DI BIOETICA
«Padre è colui che si assume la responsabilità dei figli»
«In generale un aumento di verità, come quello possibile attraverso i test genetici, è sempre cosa buona» osserva il professor Maurizio Mori, docente di bioetica all’Università di Torino e presidente della Consulta di bioetica con sede a Milano. «Il problema – prosegue – è capire a che cosa serve questa verità. Se serve per dire che la paternità dipende da aspetti biologici, mi pare sbagliato. Se invece serve per determinare aspetti di responsabilità, non ci vedo nulla di male. Per esempio, se c’è stato un tradimento all’interno della coppia, ben venga la sua scoperta. Se, facendo un test, si scoprono elementi di frode, si responsabilizza chi l’ha perpetrata. Ilproblema diventa la trasparenza tra le persone. Per la paternità non è tanto importante il dato biologico in sé ma l’assunzione di responsabilità nei confronti della prole. Padre legittimo non è quello che ci mette il seme – il quale, per altro, avendo rapporti sessuali, si assume la responsabilità delle possibili conseguenze – ma quello che si assume la responsabilità di provvedere al nuovo nato, al suo benessere: da quello affettivo a quello della qualità di vita, anche biologica. Mettiamo una coppia che ricorra alla donazione di gameti per concepire un figlio, per esempio per evitare di infondergli malattie geneticamente trasmissibili: anche se non c’è il dato di discendenza biologica, non c’è frode. C’è il consenso di entrambi i genitori; e cercare il donatore biologico non ha senso. Altro esempio: una donna ha una relazione extraconiugale di cui informa il marito e lui accetta la cosa; anche in questo caso il test genetico non ha senso. In caso, invece, di separazione, occorre chiedersi se servirebbe al benessere del figlio o a fare una ripicca alla moglie. Se il padre inteso per funzione sociale dice “questo figlio non è mio e lo disconosco”, commette un errore basato sull’idea che la paternità sia soltanto biologica».

COMITATO ETICO CANTONALE
«Le norme ci vogliono e ci sono ma i privati possono disattenderle»
«Il problema degli accertamenti di paternità – osserva il dottor Giovan Maria Zanini, presidente del Comitato etico cantonale – è morale. Con alcune regole vincolanti abbiamo voluto fare in modo che almeno gli operatori sanitari (medici, farmacisti, laboratoristi) rispettino il diritto alla tutela della sfera intima della persona. Le regole ci vogliono; è giusto che ci siano. Il vero problema è che rischiano di non funzionare. Molto sta alla correttezza, all’etica dell’individuo. Perché, nonostante le regole, è facile procurarsi, tramite Internet, test “fai-da- te” che sono in commercio in molti Paesi. L’ipotetico padre che desidera verificare la discendenza genetica potrebbe farlo senza informare né il figlio né la madre», inviando campioni biologici a loro insaputa all’estero. Sipotrebbe obiettare che i risultati di un esame non autorizzato non siano legalmente validi, un po’ come per le registrazioni telefoniche. «Con la differenza però – fa notare Zanini – che la telefonata non può essere ripetuta per avere conferma dei contenuti, mentre il test del DNA sì: una nuova indagine ordinata dalla magistratura sarebbe meramente formale». In altre parole, il trasgressore potrebbe pagarne le conseguenze, ma il «danno» ormai sarebbe fatto.

Vigono regole precise: tutti gli interessati de vono acconsentire

  • L’accertamento della paternità è sottoposto, in Svizzera come in Italia, al rigoroso rispetto di alcune norme che in Ticino sono state codificate nel 2002. Questo perché potrebbe mettere in discussione i rapporti di filiazione giuridicamente acquisiti e comportare controversie legate al diritto di filiazione, di successione, di parentela, di obbligo di mantenimento e di educazione; senza dimenticare le implicazioni psicosociali e di tutela della sfera personale. Sono fatte salve le esigenze d’indagine e giudiziarie. Vige, però, sempre l’obbligo di proteggere la riservatezza.
  • CONSENSO INFORMATO
    Tutte le persone coinvolte in un test del DNA devono dare il loro consenso all’esecuzione dell’accertamento ed essere informate delle implicazioni.
  • CONSENSO DEI MINORENNI CAPACI DI DISCERNIMENTO
    I minorenni, se capaci di discernimento, hanno la facoltà e il diritto di decidere in modo autonomo. Il test può essere eseguito solamente se danno consenso esplicito. La dottrina ritiene che un ragazzo di 12 anni è capace di discernimento se rifiuta l’accertamento. Se in vece acconsente o comunque non si oppone, la capacità di discernimento è esclusa prima dei 16 anni. In caso di dubbio sulla capacità o sull’autonomia decisionale del ragazzo, si rinuncia al test.
  • CONSENSO DEI MINORENNI INCAPACI DI DISCERNIMENTO
    Nel caso di minorenni incapaci di discernimento, il consenso va dato dai rappresentanti legali, di regola i genitori, a condizione che detengano l’autorità parentale. Chi non la detiene – per esempio il padre che ha riconosciuto il figlio ma non è sposato con la madre – non può dare il consenso in rappresentanza del figlio e il test non deve essere eseguito senza il consenso della madre.