Corriere del Ticino – Oct. 6, 2003
(Story adapted for the March 2004 issue of a Terre des hommes’s magazine)
L’ESEMPIO DEL BURKINA: ATTORNO ALLA POVERTÀ ENDEMICA SI SONO SVILUPPATI VERI E PROPRI TRAFFICI DI MINORI RECLUTATI NEI VILLAGGI
L’inferno dei piccoli schiavi dell’Africa occidentale
Bambini costretti a fare lavori pesantissimi per avere di che mangiare un solo pasto
Francesco Somaini
Spaccare pietre a 5 anni di età sotto un sole cocente per ore ed ore in un caldo da girone dantesco. In cambio pochi spiccioli: quanto basta per un misero pasto, spesso al limite della malnutrizione. Adama ha 17 anni; gli ultimi 12 li ha trascorsi lavorando nella cava di granito di Pissy, nella periferia fatta di bidonville della capitale del Burkina Faso, Ouagadougou. Ciò significa che il primo blocco (fosse anche stato un blocchetto) di granito utile all’edilizia locale l’ha spaccato quando ancora non aveva l’età per frequentare la prima elementare.
È il 17 settembre. Nell’Africa occidentale sta terminando la stagione delle piogge. Perciò non fa troppo caldo: «solo» 30-35 gradi. Ma in cava la canicola si trasforma in un inferno. Ciò che ci si presenta davanti fa venire i brividi lo stesso. Migliaia di persone lavorano come formiche per guadagnare un pezzo di pane; tra di loro ci sono centinaia di bambini, anche neonati o poco più. Le madri non saprebbero a chi affidarli.
Adama è stata una di loro. Il suo è solo un esempio. Emblematico però di una situazione endemica nel Paese dell’Africa occidentale incastonato fra Mali, Niger, Benin, Togo, Ghana e Costa d’Avorio, come in molti Paesi in via di sviluppo. Parliamo dello sfruttamento del lavoro minorile. Adama è comunque una ragazza fortunata fra quasi tre milioni di bambini, ragazzini e adolescenti burkinabé, come si chiamano nel francese del luogo gli abitanti dell’ex colonia transalpina.
Anche lei, invece di giocare e studiare, ha dovuto imparare presto a pensare a se stessa. I suoi genitori non potevano permettersi di mandarla a scuola e oggi non sono in grado di mantenerla agli studi. Si è disperatamente attaccata alla speranza datale da un programma umanitario (cfr. riquadro in basso) che da un anno le permette di seguire un apprendistato come cucitrice. Ma solo dal lunedì al venerdì e durante l’anno scolastico. Durante le «vacanze» e le fine settimana torna a spaccare pietre con la madre e il fratellino di 13 anni.
Solo il minore, di 10 anni, ha potuto iniziare da poco la prima elementare. Il padre lavora nei campi vicino al villaggio natale, lontano un centinaio di chilometri.
«Sopravviviamo», ci confida Adama. «Se imparerò a cucire bene a macchina, mi metterò in proprio: così sarò in grado di mantenermi da sola», aggiunge con una fierezza e una fiducia nel futuro disarmanti. Sono questo ottimismo innato nei burkinabé, la loro voglia di vivere, la loro capacità di reazione a colpirci tanto quanto le difficoltà e la situazione precaria in cui vivono.
Una tratta di bambini
Come Adama solo poco più di un centinaio di bambini è riuscito a lasciare, almeno temporaneamente, la cava di Pissy. In tutto il Paese 2 milioni e 800.000 bambini di età inferiore a 15 anni (pari a un quarto della popolazione residente) lavorano spesso ben oltre le possibilità psico-fisiche di un adulto. In cava, in altre famiglie e nelle campagne, a fare la guardia al bestiame giorno e notte col rischio, oltre che di essere aggrediti da malintenzionati, di essere morsi dai serpenti e punti dagli scorpioni. Molti partono per cercare «fortuna» (cioè di guadagnare qualche soldo per acquistare una radio, una bicicletta o vestiti finalmente non sgualciti). Altri sono reclutati nei villaggi da organizzazioni criminali.
Gran parte finisce nelle piantagioni di cotone della Costa d’Avorio, dove vengono fatti lavorare dall’alba alle 10 di sera con un solo pasto al giorno. Intriso di anfetamine, per incrementarne la produttività e consentire loro di resistere a ritmi insopportabili. I pochi che tornano a casa ne portano le conseguenze per anni. Ma non si può escludere che una parte abbia un destino, se possibile, ancora peggiore: nelle maglie del traffico di organi, o della «carne fresca» per i pedofili, o sul mercato del sesso a pagamento.
È una vera e propria tratta di piccoli schiavi. Che le autorità del Burkina, tra l’altro a corto di risorse, faticano a contrastare. Il parlamento nazionale si è dotato solo pochi mesi fa di una legge che dà stato giuridico al crimine di traffico di bambini e presuppone possibili sanzioni penali pesanti. L’applicazione è un altro paio di maniche.
Qui sopra, una bambina rompe il granito in parti sempre più piccole, utili all’edilizia, alla cava di Pissy, nella periferia di Ouagadougou. Sotto, il settore dell’Africa occidentale in cui si trova l’ex colonia francese, tratto da dall’Atlante fotosatellitare Geo Mondadori pubblicato dal Corriere della Sera. In basso, uno delle migliaia di ragazzini incaricati di occuparsi del bestiame nelle campagne del Burkina Faso giorno e notte tra mille pericoli: dalle aggressioni agli insidiosi incontri con serpenti e scorpioni. (foto CdT)
LOTTA ALLO SFRUTTAMENTO MINORILE
Scoperta una colossale tratta dal Benin verso la Nigeria
Il problema della tratta di bambini in Africa non riguarda solo il Burkina Faso. La situazione di estrema povertà che favorisce lo sfruttamento del lavoro minorile tocca tutti i Paesi in via di sviluppo.
Un traffico colossale, riguardante migliaia di bambini lavoratori, è appena stato scoperto dalla polizia nigeriana. Minori provenienti dal Benin e trasferiti nelle cave della regione di Abeoukuta in Nigeria. La Fondation Terre des hommes (Tdh) si è subito preoccupata, in collaborazione con il Governo del Benin e con altre organizzazioni umanitarie, di accogliere un primo gruppo di 116 ragazzi di ritorno dalla Nigeria, 101 dei quali minorenni. Tdh riferisce che tutti portano segni di grave malnutrizione e che la prima quarantina di loro visitata dai medici presenta sintomi di anemia e infezioni acute alle vie respiratorie ma anche segni di bruciature, cicatrici e calli, segno di maltrattamenti e dimostrazione di condizioni di lavoro estreme.
La maggior parte dei sopravvissuti ha meno di 14 anni. Raccontano di avere lasciato i loro villaggi quando ne avevano 6. Il primo obiettivo degli operatori umanitari è proteggerli e farli tornare nelle loro famiglie. Tdh ha inoltre sollecitato i passi giudiziari per punire i trafficanti e i responsabili dello sfruttamento e delle violenze scoperti.
Lavoro minorile: perché?
Nei Paesi, come il Burkina Faso, in cui trovare il cibo per i pasti principali è già un’impresa, la partecipazione dei bambini al sostegno economico della famiglia è essenziale. Funge anche da surrogato dell’apprendistato professionale. Lo chiamano «lavoro formativo» o «socializzante». Il problema sorge quando i compiti affidati ai bambini sarebbero indicati, forse, per una persona di un’età maggiore. Però solo alcuni abitanti dei villaggi sembrano essere coscienti del problema e ancora meno dei rischi che corrono i bambini che «migrano» in cerca di lavoro (cfr. articolo principale). Lottare contro i traffici organizzati è assai difficile alle nostre latitudini; si può facilmente immaginare come stiano le cose nei Paesi in via di sviluppo.
Per raggiungere risultati concreti a Tdh la strada più diretta è parsa quella di puntare sulla prevenzione. Gli operatori della Fondazione sul posto (reclutati fra gli abitanti del luogo) organizzano iniziative di sensibilizzazione nei villaggi e hanno promosso la costituzione di organismi locali attraverso i quali è possibile scambiare informazioni e identificare trafficanti e sfruttatori. Una goccia nel mare che comunque sta dando buoni risultati.
GLI SFORZI DELLA FONDATION TERRE DES HOMMES CON SEDE A LOSANNA
Si punta su prevenzione e proposte formative
Fra le varie organizzazioni attive nei Paesi in via di sviluppo per lottare contro gli effetti nefasti della povertà pressoché assoluta c’è la Fondation Terre des hommes (Tdh) con sede a Losanna, la più grande organizzazione non governativa svizzera per l’aiuto internazionale all’infanzia. Nel Burkina Faso Tdh, attraverso l’équipe guidata dal delegato della fondazione, il pediatra burkinabé Ibrahim Sanogo, sta portando avanti diversi programmi in favore dell’infanzia in difficoltà, che vanno dalla salute all’istruzione. Iniziative rese possibili dalla generosità elvetica, che però abbisognano di un costante supporto finanziario.
Per quanto riguarda il lavoro minorile si cerca anzitutto di sensibilizzare gli abitanti dei villaggi sulle conseguenze psico-fisiche di attività troppo dure per i bambini e sui rischi che corrono se incappano nei traffici gestiti da organizzazioni criminali senza scrupoli oppure, per esempio, in falsi «maestri coranici» che convincono i genitori ad affidare loro i figli assicurando di dare loro un’istruzione per poi, invece, farli lavorare intascandone tutti i guadagni. Nella regione di Orodara, al confine con il Mali e la Costa d’Avorio, particolarmente toccata dal traffico di bambini, gli operatori di Tdh, guidati dal capo progetto Adama Traore, organizzano per esempio proiezioni di video a tema e rappresentazioni teatrali nei villaggi, che permettono di introdurre la discussione. Gli attori sono del posto, recitano nei dialetti locali ed espongono i termini del problema utilizzando una certa ironia. Allo spettacolo cui abbiamo assistito erano presenti centinaia di paesani. Comitati dipartimentali e regionali composti da persone del luogo garantiscono inoltre lo scambio di informazioni fra i villaggi per identificare i trafficanti e ritrovare i bambini «scomparsi».
Da circa un anno Tdh è anche riuscita a proporre forme di apprendistato per dare la speranza di un futuro migliore ai bambini che lavorano nella cava di granito di Pissy nella capitale: alle ragazze si insegna per esempio a cucire; ai ragazzi si fornisce un’istruzione come meccanici d’automobili. Gli apprendisti ricevono di che vivere per non pesare sulle famiglie e non dovere così tornare in cava.
La Fondation Terre des hommes può essere sostenuta effettuando un versamento sul conto corrente postale numero 10-11504-8. Ulteriori informazioni sono reperibili sul sito Internet all’indirizzo www.tdh.ch .